La Strada

Quando l’Abruzzo è da Oscar

 

07

MARZO 2023

Federico Fellini
Giulietta Masina
Premio Oscar

Eccoci, è finalmente arrivato quel momento dell’anno in cui tutti gli amanti del cinema, dal cinefilo più incallito fino all’ultimo frequentatore occasionale di Netflix, cercano in qualsiasi modo di recuperare i dieci film in concorso agli Academy Awards nella categoria miglior film. Gli Oscar sono come un riassunto della stagione cinematografica; puoi non aver seguito tutte le uscite mese per mese, puoi aver perso di vista il tuo regista preferito nell’ultimo periodo, ma se recuperi tutti i film candidati, sulla carta è come se avessi visto i migliori film distribuiti durante tutto l’anno.

Se poi sei particolarmente amante dei bignami, ti basterà guardare solo il vincitore della categoria miglior film e potrai dirti aggiornato sulle principali uscite cinematografiche del 2024.

Quest’anno, nella notte tra il 10 e l’11 marzo, (ora italiana), dal Dolby Theatre di Los Angeles andrà in onda la 96° edizione degli Academy presentata da Jimmy Kimmel

Oppenheimer, l’ultimo film di Christopher Nolan, con 13 nominations risulta essere il film con il numero maggiore di candidature, mentre in rappresentanza dell’Italia c’è Matteo Garrone, che con il suo Io Capitano è candidato nella cinquina finale come miglior film straniero.

Oltre ad Oppenheimer, Barbie di Greta Gerwig e Killer of the Flower Moon, l’ultimo monumentale film di Martin Scorsese, sono in gara per il miglior film anche Anatomia di una caduta, vincitore della Palma d’oro all’ultimo Festival di Cannes, The Holdovers di Alexander Payne, Maestro di Bradley Cooper, Povere Creature di Yorgos Lanthimos, The Zone of Interest di Jonathan Glazer, Past Lives, e American Fiction.  

Tanti nomi noti in questa edizione dell’Academy, ma da abruzzesi non possiamo che tifare per l’unico abruzzese effettivamente in gara:
Bradley Cooper.

Ormai dovrebbe essere di pubblico dominio, ma lo ricordiamo per i più distratti: entrambi i nonni dell’attore statunitense erano italianissimi. La madre Gloria Campano è figlia di Angelo Campano, un poliziotto originario di Napoli e di Assunta De Francesco di Ripa Teatina, entrambi emigrati negli States.
Anche Christian Iansante, il suo doppiatore ufficiale italiano, ha origini abruzzesi essendo cresciuto con la sua famiglia a Chieti. Come si dice, puoi togliere il ragazzo dall’Abruzzo, ma non puoi togliere l’Abruzzo dal ragazzo.

Nonostante l’edizione di quest’anno sia ricchissima di film interessanti, Maestro risulta per ovvie ragioni il nostro favorito.

il deserto dei tartari

© Thomas Hawk, Flickr (Creative Commons License)

Maestro racconta la vita dell’icona della musica classica Leonard Bernstein, dal suo esordio come direttore d’orchestra alla vecchiaia, e ne delinea i tratti distintivi: il suo precoce talento compositivo, il suo carattere ribelle e anticonvenzionale e la sua grande abilità come direttore d’orchestra. Oltre a concentrarsi sulla dimensione biografica di Bernstein il film indaga a fondo sul difficile rapporto con la moglie, l’attrice Felicia Montealegre interpretata da Carey Mulligan.

Bernstein per tutta la sua carriera sentirà dentro di sé due anime: quella introversa, solitaria e creativa da compositore e quella estrosa, ribelle, autocelebrativa da direttore d’orchestra. Questa ambivalenza, che Bradley Cooper porta in scena magnificamente, si riversa inevitabilmente sul rapporto con la moglie.
Se da un lato il rapporto con Felicia Montealegre riesce a soddisfare una parte della complessa personalità del compositore, l’altra rimane attratta inevitabilmente dal genere maschile, portandolo ad avere diverse relazioni con giovani musicisti durante tutto l’arco della sua vita coniugale.

La pellicola è una storia di emozioni trattenute o lasciate troppo andare ed è bello come Bradley Cooper sia riuscito a tratteggiare degli aspetti così intimi della vita di un genio e della sua compagna di tutta una vita. 

Cooper ha rivelato in varie interviste la profonda influenza che Bernstein ha avuto su di lui, sia come musicista che come individuo e lo ha citato come una fonte di ispirazione per il suo impegno e la sua passione per il cinema.

Maestro al momento ha avuto 8 nominations e da abruzzesi e amanti del buon cinema, non possiamo che augurare un grande in bocca al lupo al film e al suo regista.

il deserto dei tartari

Felicia e Leonard Bernstein dopo la premiere di Medea, Dicembre 1953
© GetArchive, Public Domain Media (Creative Commons License)

Da quando nel 1929 venne assegnato per la prima volta un premio Oscar, l’Italia ha ricevuto complessivamente trenta candidature (l’ultima quest’anno con Garrone) e ha vinto ben 14 statuette: 3 Oscar speciali e 11 Oscar al miglior film in lingua straniera. Il primo film ad aver ricevuto questo riconoscimento è La strada di Federico Fellini.

Nonostante il film sia stato girato nel 1954 venne insignito del premio solo nel 1957, anno di istituzione di questa categoria.
Alcune scene conclusive del film vennero girate tra Ovindoli e Rocca di Mezzo, il che fa di questo capolavoro di Fellini l’unico film girato in Abruzzo ad aver mai vinto un premio Oscar nella categoria miglior film. 

il deserto dei tartari

Federico Fellini con Giulietta Masina sul set di La Strada, 1954
© Père Ubu, Flickr (Creative Commons License)

La strada di Federico Fellini ebbe una produzione molto travagliata.
La sceneggiatura, scritta in collaborazione con Tullio Pinelli, era pronta già dal termine delle riprese de Lo Sceicco Bianco (1952) ma, a causa del pessimo incasso al botteghino, nessun produttore era inizialmente interessato a finanziare la seconda pellicola del regista riminese.

Fu un periodo particolarmente buio per Fellini, ma grazie al sostegno dell’amico Ennio Flaiano, nel 1953 decise di provare a raccontare una storia più intima, legata alla vita in provincia. Un racconto neorealista, ma allo stesso tempo scanzonato.
I due attingono dalle rispettive esperienze di vita in provincia (pescarese di Flaiano e romagnola di Fellini) e da questa parentesi di riflessione nasce I vitelloni, film del 1953.  

Dall’incredibile successo di pubblico e di critica de I vitelloni e dalla successiva collaborazione di Ennio Flaiano alla supervisione della sceneggiatura de La strada, nel 1953 Carlo Ponti e Dino De Laurentiis si decidono a produrre la pellicola. Per la parte di Gelsomina, la protagonista del film, si pensò a Silvana Mangano. Anche l’attrice abruzzese Maria Pia Casilio fece un provino per la parte, ma prima dell’inizio delle riprese De Laurentiis si convinse a confermare per il ruolo Giulietta Masina, moglie di Federico Fellini imponendo però una star internazionale del calibro di Anthony Quinn per il ruolo maschile di Zampanò. 

Come spesso accade per il cinema di Fellini, la storia de La strada è tratta da un episodio personale. Tullio Pinelli era in macchina verso Torino e passando per una stradina montana vide un omone che tirava una carretta con su un tendone. Su un drappo della tenda era dipinta una sirena stilizzata e dietro il carro una giovane ragazza spingeva; entrambi erano molto malandati. Da quella visione Pinelli ebbe l’intuizione di raccontare quella miseria, quella vita di sofferenze sullo sfondo di un’Italia che invece sembrava stesse ripartendo.
Una volta incontratosi con Fellini a Roma, i due incominciarono a parlare dei personaggi principali della vicenda e come di consueto, Fellini realizzò dei bozzetti grafici per tratteggiare meglio visivamente le fattezze di Zampanò e Gelsomina.
Da lì fluirono il resto delle loro vicende.

il deserto dei tartari

Federico Fellini, Anthony Quinn e Giulietta Masina durante la consegna dei Nastri d’Argento , 1954 © Cinecittà SpA © Banca dati Archivio Storico Luce a cura di Enrico Bufalini

Come Maestro, anche La strada di Fellini è un film su una coppia.
Zampanò e Gelsomina però non sono marito e moglie, ma qualcosa di più oscuro. Il loro legame è basato esclusivamente sulla miseria e la povertà e il loro viaggio esistenziale ha come obiettivo la mera sopravvivenza, non ambizioni di successo e grandezza. 

Il film di Fellini racconta il cammino di un uomo rude e burbero che la vita ha reso apparentemente inscalfibile e di una donna che è l’estremo opposto: ingenua, spaesata, pura come “l’idiota” di Dostoevsky.

Il loro rapporto è completamente disfunzionale, due freaks vagabondi, “artisti di strada” in cerca di un posizionamento sociale in un’Italia profondamente mutata dopo le due guerre e nel pieno della ricostruzione. 

Zampanò si ostina a viaggiare sulla sua vecchia motocicletta, con il suo giubbotto di pelle lacero e a riproporre lo stesso trucco di magia fino allo sfinimento, mentre Gelsomina, nata nella povertà assoluta, non riesce proprio a comprendere la vita, né a darsi uno scopo e finirà per distruggersi stando accanto ad un uomo così profondamente e intimamente lacerato. 

In Abruzzo vennero girate sette scene, ma ne vennero montate solo cinque perché la più cruente, dove Zampanò cerca di affogare Gelsomina in un secchio d’acqua, venne tagliata. Le riprese avvennero vicino al bosco di Fundoli,  sulla strada per Secinaro (AQ), nei dintorni di Ovindoli, e Rocca di Mezzo. Nelle location abruzzesi ha luogo l’epilogo della storia tra Zampanò e Gelsomina, la fine della loro triste storia, la separazione nel viaggio della vita. 

Nel mezzo di un paesaggio innevato tra le montagne aquilane, si ha la catarsi dei due personaggi. Zampanò vacilla e ha il primo momento di sconforto della sua vita, mentre Gelsomina trova finalmente la forza di liberarsi dalle catene mentali che la tengono legata a quell’uomo.

Scene conclusive de La Strada girate tra le montagne di Rocca di Mezzo
© Paramount Films

La Strada intende realizzare l’esperienza che un filosofo, Emmanuel Mounier, ha detto essere la più importante per aprire a qualsiasi prospettiva sociale:
l’esperienza comunitaria tra un uomo e un altro.

Per imparare la ricchezza e la possibilità della vita sociale, è anzitutto importante imparare a stare, semplicemente, anche con un solo altro uomo: credo che questo sia il tirocinio di ogni società e credo che se non si risolve questa umile ma necessaria partenza, ci troveremmo forse domani di fronte a una società esteriormente bene organizzata, e pubblicamente perfetta e senza peccato, nella quale però i rapporti privati, quelli tra le “persone”, rimarrebbero rapporti di vuoto, di indifferenza, di isolamento, di impenetrabilità.

Il nostro male, di noi uomini moderni, è la solitudine, e questa comincia assai in profondo, alle radici dell’essere, e nessuna ubriacatura pubblica, nessuna sinfonia politica può presumere di levarla tanto facilmente.

[…] C’è invece, io credo, tra persona e persona, il modo di rompere questa solitudine, di far passare come un “messaggio” tra l’una e l’altra e di comprendere, dunque, il legame profondo che lega l’una all’altra.

La strada esprime coi mezzi del cinema una simile esperienza.

Federico Fellini, intervista con Dominique Delouche, in “L’arc”, n.45, 1957

Samuele Coccione

Esule per necessità, ma soprattutto per masochismo.
Amo il cinema, i libri e la noia.
Scrivo di cinema abruzzese da quando era “figo”
essere costretti a rimanere in casa.
Vivo a Milano, ma sogno lo smart working con i piedi in ammollo sul Tirino.