Totò e l’Abruzzo

125 anni del principe De Curtis

 

15

FEBBRAIO 2023

Totò
Ennio Flaiano
Giulia Rubini
Maria Pia Casilio

Numerosissimi sono gli eventi e le manifestazioni che in questi giorni, soprattutto a Napoli, celebrano i 125 anni dalla nascita di Antonio De Curtis, in arte Totò. Il principe della risata nacque infatti il 15 febbraio del 1898 nel Rione Sanità a Napoli e pare straordinario che la potenza interpretativa di questo grandioso attore abbia attraversato indenne tre secoli riuscendo a rimanere inalterata ancora oggi.

Quando ci si riferisce alla commedia italiana e in particolare alla commedia dell’arte, è impossibile non visualizzare immediatamente l’immagine di Totò e di tutte le sue interpretazioni nel corso di quarant’anni di carriera cinematografica. Unica vera imperitura maschera del cinema italiano, Totò è stato accostato da molti critici a comici della caratura internazionale come Buster Keaton, Charlie Chaplin e ai fratelli Marx. La sua unicità interpretativa e l’uso esemplare del corpo e della gestualità, lo hanno reso senz’altro l’attore comico italiano più popolare di sempre.

il deserto dei tartari
il deserto dei tartari

In alto Totò in un frame da Questa è la vita di Luigi Zampa (1954).
In basso Buster Keaton in
La palla n°13 (Sherlock Jr.) diretto dallo stesso Keaton nel 1924 

Dopo un’infanzia difficile trascorsa nel Rione Sanità in cui Totò manifesta già il suo carattere giocoso ed eccentrico, comincia già da adolescente ad esibirsi in piccoli spettacoli come macchiettista e solo a seguito della prima guerra mondiale, si trasferì a Roma per esibirsi in spettacoli del varietà.
Tra il 1923 e il 1927 iniziò a farsi conoscere maggiormente a livello nazionale e nel 1930 fu in procinto di essere scritturato da Stefano Pittaluga per un film dal titolo Il ladro disgraziato, che però non vide mai la luce. 

Il vero esordio di Totò sul grande schermo fu nel 1937 con Fermo con le mani di Gero Zambuto. La pellicola, prodotta con scarsi mezzi economici risulta un tentativo di emulazione dei film con Charlot e lo stesso Totò non ne risultò molto soddisfatto, ma tale esperienza sancì comunque l’inizio di una carriera cinematografica che lo consacrò come protagonista di una fortunata serie di film a lui dedicati come Totò al giro d’Italia, Totò cerca casa, Totò cerca moglie e altre decine di pellicole prodotte dagli anni ‘40 agli anni ‘60. 

Oltre a questa serie di film comici Totò interpretò diversi ruoli drammatici e prese parte a diversi capolavori del cinema neorealista e della commedia all’italiana come Guardie e ladri di Mario Monicelli (1951), Miseria e nobiltà di Mario Mattoli (1954), I soliti ignoti di Monicelli (1958), Uccellacci e uccellini (1966) di Pier Paolo Pasolini e Operazione San Gennaro di Dino Risi (1966).

il deserto dei tartari

Frame tratto da I soliti ignoti di Mario Monicelli

In occasione del 125° anniversario dalla nascita del principe della risata, vogliamo provare a portare a galla il rapporto di Totò con l’Abruzzo, raccontando le principali incursioni dell’attore napoletano nel “cinema abruzzese” come l’amicizia e le collaborazioni con Ennio Flaiano, nonché le interpretazioni con al fianco le attrici abruzzesi Giulia Rubini e Maria Pia Casilio.

Totò era un “signore”, perlomeno del signore meridionale aveva la calma, la tolleranza, la cortesia. Questa fu la prima impressione. Salutava togliendosi il cappello, non faceva mai circolo attorno a sé, non raccontava storielle, né cadeva preda di quelle concitate allegrie o depressioni che, nel lavoro del cinema, sono il prodotto delle lunghe e inspiegabili attese.

Dagli uomini della troupe veniva chiamato principe.

Ennio Flaiano su Totò, tratto da “Le canzoni di Totò” di Vincenzo Mollica

Totò ed Ennio Flaiano divennero buoni conoscenti a seguito dei due film interpretati dall’attore napoletano scritti da Flaiano per Mario Monicelli (Guardie e ladri) e Roberto Rossellini (Dov’è la libertà?). In particolare durante la lavorazione di quest’ultimo, in cui Ennio Flaiano fu chiamato da Rossellini come dialoghista, i due ebbero modo di conoscersi profondamente e il ritratto che Flaiano fa di Totò è quello di uomo serio, timido e composto, a tratti infantile e giocoso; un attore con una formazione autonoma, di un’inventiva che si discostava dai legami col resto e dalle contingenze storiche e sociali: una pura astrazione comica senza tempo.

Sorrideva quasi sempre e con un tratto di ironia indefinibile. Quando gli consegnavo il foglio delle sue battute egli lo leggeva assumendo un’aria serissima, ma ad ogni parola, con una sorpresa sempre nuova, il suo volto cominciava a scomporsi in una reazione continua, apparentemente comica, e di una intensità infantile.

Ennio Flaiano su Totò, tratto da “Le canzoni di Totò” di Vincenzo Mollica

Il Deserto dei Tartari

Frame tratto da Dov’è la libertà? di Roberto Rossellini 

La carriera cinematografica del principe Antonio De Curtis si lega all’Abruzzo anche per due interpretazioni eccelse al fianco di due grandi caratteriste del cinema italiano, originarie rispettivamente di Pescara e di Castelnuovo (AQ): Giulia Rubini e Maria Pia Casilio.
Entrambe le attrici furono scelte giovanissime in maniera del tutto accidentale dai due pilastri del cinema neorealista Luciano Emmer e Vittorio De Sica per il ruolo della giovane provinciale innocente e smarrita, carattere che entrambe continuarono a ricoprire con successo fino alla fine degli anni degli anni ‘50

Nel 1954 infatti Totò prende parte al film di Mario Mattoli Il medico dei pazzi tratto dall’omonima farsa di Eduardo Scarpetta, al fianco di Tecla Scarano e Maria Pia Casilio, qui alla sua quindicesima pellicola in soli due anni.
La Casilio esordì qualche anno prima in Umberto D. di Vittorio De Sica e divenne presto conosciutissima partecipando a Viale della speranza di Dino Risi e Pane, amore e fantasia diretto da Luigi Comencini; scritto da un altro abruzzese illustre: Ettore Maria Margadonna. Maria Pia Casilio divenne ben presto una delle caratteriste più valide e longeve di tutto il periodo della commedia all’italiana e rimase in attività fino agli anni ‘90 dove concluse la sua carriera con un cameo nel film Tre uomini e una gamba di Aldo, Giovanni e Giacomo

 

Nel 1956 invece, Totò fece coppia per la prima volta in assoluto con Peppino De Filippo nel film La banda degli onesti diretto da Camillo Mastrocinque e con la partecipazione della pescarese Giulia Rubini. Anche lei come la Casilio ebbe un periodo longevo di popolarità come caratterista nei panni della giovane e ingenua ragazzina di provincia, salvo poi, verso la fine degli ‘50, ritirarsi dalle scene per dedicarsi completamente alla famiglia. Esordì nel 1953 con Luciano Emmer e prese parte in alcuni dei film dei più importanti registi dell’epoca come: Valerio Zurlini, Mario Soldati, Mario Mattoli e Luigi Comencini.

Il Deserto dei Tartari

Frame tratto da La banda degli onesti. A sinistra l’attrice Giulia Rubini.

Anche se oggi, dopo 125 anni dalla sua nascita, riusciamo ad attribuire a Totò i giusti meriti che ebbe nell’elevare la qualità del cinema italiano e in particolare a rendere immortali alcune commedie che ancora oggi vengono considerate in tutto il mondo come capolavori della cinematografia, durante tutta la sua carriera egli fu particolarmente inclemente nei confronti di se stesso:

Sono ormai all’età in cui si tirano le somme, e non ho fatto nulla. Sarei potuto diventare un grande attore, e invece di cento e più film che ho girato ve ne sono di degni non più di cinque. Ma anche se fossi diventato un grande attore, cosa sarebbe cambiato? Noi attori siamo solo venditori di chiacchiere. Un falegname vale certo più di noi: almeno il tavolino che fabbrica resta nel tempo, dopo di lui.
Gli attori, si sa, scrivono sulla sabbia: basta un’onda piccola piccola per cancellare la loro opera. L’attore che cos’è?
Non è nessuno, un cantastorie… Che cosa rimane di noi? Niente. Chi siamo noi?… Siamo come una cosa voluttuaria che proprio per questo non è indispensabile…
Non si può fare a meno del pane, ma di andare al cinema sì.

Totò in Franca Faldini, Goffredo Fofi, Totò: l’uomo e la maschera, L’ancora del Mediterraneo, Napoli 2000

Queste parole ci appaiono oggi più che mai esagerate nei riguardi del principe della risata, ma la riflessione sulle sorti del cinema rimane tutt’oggi molto preoccupante.
Si può fare davvero a meno del cinema?

Samuele Coccione

Esule per necessità, ma soprattutto per masochismo.
Amo il cinema, i libri e la noia.
Scrivo di cinema abruzzese da quando era “figo”
essere costretti a rimanere in casa.
Vivo a Milano, ma sogno lo smart working con i piedi in ammollo sul Tirino.